A qualcuno potra' sembrare curioso che il processo fisico-chimico che conduce al cosiddetto pane stantio sia studiato da oltre 140 anni da ricercatori di tutto il mondo.
Nel corso degli ultimi decenni sono stati pubblicate dozzine di studi specifici (una slide riassuntiva si puo' trovare qui) miranti a comprendere le cause e le dinamiche di questo processo che si e' scoperto essere decisamente complesso.
Il processo di raffermimento del pane e' causato principalmente dalla cristallizzazione dell'amido (piu' tecnicamente definita retrogradazione dell'amido) e dalla migrazione dell'umidita' dalla mollica alla crosta. In particolare vi sono due componenti dell'amido che subiscono il fenomeno della retrogradazione: l'amilopectina e l'amilosio.
La retrogradazione dell'amilopectina e' quella di gran lunga piu' significativa durante tutto il periodo di raffermimento.
La retrogradazione dell'amilosio oltre a fornire un limitato contributo al raffermimento, si esplica in pratica solo nell'arco delle prime 24 ore.
Il processo di migrazione dell'umidita' si esplica col trasferimento dell'umidita' dalla mollica alla crosta con l'effetto dell'indurimento della prima e della perdita di croccantezza della seconda (rammollimento).
Un buon livello di idratazione (percentuale di acqua rispetto alla farina complessiva) aiuta a ritardare il raffermimento in quanto rallenta la perdita di umidita' complessiva.
Un eccessiva idratazione puo' invece facilitare la formazione di muffe.
Uno dei fattori che piu' influenza la velocita' del processo di retrogradazione e' la temperatura di conservazione. Il massimo rallentamento del raffermimento si ottiene conservando il pane a temperature inferiori a -18°C.
Il raffermimento e' molto veloce tra -1 e +10°C con un massimo assoluto a circa +4°C.
Il frigorifero e' dunque il peggior luogo in assoluto in cui conservare il pane fresco.
Il congelamento del pane a temperature inferiori a -18°C permette di rallentare fortemente il raffermimento. Da notare pero' che usando questa tecnica necessariamente la temperatura del pane transita per due volte (rispettivamente durante il congelamento e durante lo scongelamento) nell'intervallo critico -1/+10°C. Un autore ha stimato che questo doppio passaggio e' circa equivalente al raffermimento che si produce a temperatura ambiente nel corso delle prime 24 ore. In altri termini il congelamento ci permette di conservare il pane per diversi giorni a patto di accettare di ritrovarci all'atto dello scongelamento un pane gia' vecchio di un giorno.
Se si prevede dunque di consumare il pane nell'arco di un paio di giorni probabilmente e' preferibile evitare il congelamento, optando per tecniche di conservazione a temperatura ambiente.
Un secondo fattore meno significativo influenza la velocita' di raffermimento ed e' la quantita' di proteine contenute nella farina. Le proteine hanno un effetto di diluizione sull'amido e dunque ne ritardano la cristallizzazione. Un pane prodotto parzialmente con una farina ricca di proteine (es: Manitoba) ritardera' i sintomi del raffermimento.
Aggiungere infine nell'impasto un grasso come strutto od olio di oliva aumenta ulteriormente la conservabilita' del pane.
Nella messa a punto del protocollo descritto nel manuale si e' tenuto conto delle considerazioni fin qui fatte, allo scopo di rendere il nostro pane piu' intrinsecamente resistente al fenomeno del raffermimento.
Ma questo non basta, occorre mettere a punto una tecnica domestica efficace che permetta di mantenere elevate le doti di croccantezza e sofficita' del prodotto per un numero di giorni sufficienti al consumo senza ricorrere al congelamento.
Questo sara' il topic di uno dei prossimi post.
microguru